Il processo di intervento nei casi di abuso e maltrattamento all’infanzia è condiviso ed adottato da diversi “Centri” che si occupano di queste problematiche. Pur nella specificità dell’organizzazione nei differenti territori regionali, tale processo di intervento attraversa quattro fasi che proverò a sintetizzare:

  • RILEVAZIONE

Quando i servizi locali (scuole, ospedali, servizi sociosanitari, polizia) rilevano una sospetta o certa situazione di grave danno a un minore, hanno la possibilità di allontanare subito il minore dalla famiglia in via provvisoria ed urgente, se rilevano un pericolo in atto o un grave rischio, in base all’art. 403 del Codice Civile. In questo caso la rilevazione, segnalazione e allontanamento vengono temporalmente a coincidere.

In tutti i casi in cui non sussiste pericolo grave o rischio elevato, sarà bene che l’operatore che rileva situazioni di trascuratezza o maltrattamento segnali il problema ai Servizi psicosociali di zona, con i quali collaborerà per predisporre interventi integrati idonei al minore ed alla sua famiglia.

Promuovere il lavoro di rete permetterà di attivare, se possibile, un’eventuale mobilitazione delle risorse della famiglia e del bambino. Questo consentirà con maggiore efficacia di rilevare, qualora emergano, gli eventi o gli indicatori di situazioni gravi che necessitano di una segnalazione all’Autorità Giudiziaria competente.

Coinvolgimento della famiglia

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A fronte di situazioni gravi o ad alto rischio di abuso, i Servizi valutano l’opportunità di contattare la famiglia al fine di coinvolgere i genitori nel riconoscimento del maltrattamento e dei problemi familiari che l’hanno provocato. Questo risponde all’esigenza di informare i genitori della necessità di riferire la situazione alla magistratura.

Si richiede, comunque, essenziale cautela agli operatori nella fase di rilevazione, in particolare nelle situazioni di presunto abuso sessuale: un avvertimento tempestivo alla famiglia può causare pressioni sul minore e spingerlo alla ritrattazione. In questo caso si deve evitare di informare i genitori dei sospetti e delle iniziative che si stanno prendendo. In particolare per le situazioni di abuso sessuale, diversamente da altre situazioni di pregiudizio, è necessario che sia l’Autorità Giudiziaria Penale o Civile a stabilire i tempi e le modalità più opportune e giuridicamente corrette per la comunicazione ai genitori.

  • SEGNALAZIONE

Gli operatori di servizi pubblici, in quanto “incaricati di pubblico servizio”, sono tenuti all’obbligo della segnalazione (art. 331 cod. proc. Pen.).

Tale obbligo nel concreto apre agli operatori diversi livelli di problemi: come fare la segnalazione, a chi, in quali tempi? Ed in ultimo, tra i diversi operatori e servizi a conoscenza del caso, a chi tocca farlo?

Là dove sussiste una buona rete di collaborazione tra servizi pubblici e privati è estremamente importante arrivare a condividere, se non la stesura materiale, almeno la raccolta di elementi ed informazioni, nonché le riflessioni sui modi e tempi più utili per attivare il procedimento.

La segnalazione deve contenere il maggior numero possibile di informazioni oggettive che inquadrino il racconto di un bambino, o il riscontro di una situazione di possibile pregiudizio.

L’operatore deve fornire al Magistrato sufficienti elementi di comprensione relativi alla “possibilità-sospetto” che il minore si trovi in una situazione di pregiudizio per la sua crescita.

A questo livello la competenza dei tecnici si colloca proprio nella capacità di riuscire a raccogliere e coordinare le informazioni che definiscono il contesto socio-ambientale, familiare, o di problematicità evidenziata da uno dei componenti il nucleo familiare.

E’ sorprendente la ricchezza di informazioni di cui la scuola, i servizi, le agenzie di volontariato sono spesso depositari.

La ricchezza di questo quadro favorirà il delicato lavoro di chi dovrà avviare indagini mirate a confermare il sospetto che il bambino sia stato vittima di trascuratezze gravi, maltrattamenti, abusi.

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Quando la strada della collaborazione con gli altri Servizi appare per ragioni diverse preclusa, bisogna ovviamente procedere da soli.

Gli interlocutori privilegiati per la segnalazione sono il Tribunale per i Minorenni ed il Tribunale Ordinario.

La realtà dei diversi Tribunali per i Minorenni appare sottilmente diversificata sul territorio nazionale, soprattutto per quello che concerne le procedure.

In alcune realtà regionali come la Sicilia le segnalazioni vengono inviate alla Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minori.

La segnalazione alla Magistratura minorile attiva il processo di tutela del minore e garantisce agli operatori che hanno effettuato la segnalazione una cornice istituzionale a protezione del proprio intervento.

Le segnalazioni trasmesse al Tribunale dei Minori. dovrebbero contenere, nei limiti delle specifiche competenze del segnalante, indicazioni progettuali e prognostiche sull’evoluzione di una situazione di possibile pregiudizio.

  • INDAGINE E PROTEZIONE

La Magistratura minorile incarica i servizi territoriali preposti e la polizia di effettuare una prima indagine sul caso, in tutti i suoi aspetti medici, sociali e psicologici, dando indicazione di avvalersi di servizi specialistici.

Dispone provvedimenti di tutela a favore del minore, e, in caso di elevato rischio, di solito dispone con apposito decreto l’allontanamento provvisorio dalla famiglia, con collocamento presso una famiglia affidataria a scopo solidaristico oppure, se ciò non è possibile per svariati motivi, presso una comunità.

Da questo momento il servizio sociale comunale è investito del mandato di protezione del minore e di controllo; i servizi specialistici locali vengono incaricati di approfondire la situazione, in base alle rispettive competenze (Neuropsichiatria Infantile, Consultori Familiari, Sert, Dipartimento Salute Mentale delle Aziende Sanitarie Provinciali).

Qualora si ravvisino estremi di reati perseguibili d’ufficio, come l’abuso sessuale, la Procura potrà disporre a sua volta di perizie mediche e psicologiche.

I servizi locali nei loro interventi dovranno tenere conto sia delle esigenze cliniche sia di quelle giudiziarie.

Dal punto di vista giudiziario occorre sottolineare che la capacità di rendere testimonianza del bambino dipende dal grado di elaborazione del trauma. E’ perciò essenziale garantirgli adeguato sostegno e protezione al momento in cui viene richiesto di rendere dichiarazione circa il maltrattamento subito, soprattutto in caso di abuso sessuale.

  • VALUTAZIONE

Il Tribunale per i Minori prescrive ai servizi una valutazione diagnostica delle relazioni familiari ed una prognosi di recuperabilità.

La valutazione è un processo volto a valutare il quadro della situazione traumatica nei suoi aspetti individuali e relazionali, con particolare riguardo alla capacità di assunzione di responsabilità degli adulti e alle risorse protettive disponibili.

Pertanto valutare significa individuare quali margini di recupero esistono per il ripristino di una capacità genitoriale sufficientemente adeguata, sia attraverso il sostegno sia attraverso il controllo.

In genere la Magistratura dà mandato del compito valutativo inerente la genitorialità, allo psicologo del Consultorio Familiare o del Servizio di Psicologia dell’Azienda Sanitaria competente per territorio.

Il compito valutativo, pur essendo squisitamente clinico, si sostiene nell’interazione con il servizio sociale e con l’intera rete di servizi ed operatori.

Non ha obiettivi terapeutici, anche se opera per il cambiamento, in quanto è deputato proprio a verificare se il genitore maltrattante può uscire dalla negazione ed iniziare ad assumersi responsabilità per il danno arrecato al figlio e accettare l’aiuto per capire e cambiare.

Per quanto riguarda la valutazione del minore vittima di maltrattamento e/o abuso, effettuata dagli specialisti (neuropsichiatri infantili e psicologi infantili) dei servizi sanitari , essa non può essere finalizzata all’accertamento della competenza testimoniale del minore in relazione ai fatti traumatici emersi. La valutazione clinica, intesa come l’insieme delle diverse operazioni diagnostiche e prognostiche, mira a definire lo stato psichico del minore, per quanto attiene alle sue modalità di funzionamento di base e per ciò che riguarda eventuali espressioni postraumatiche, nonché la definizione delle sue relazioni familiari e sociali con particolare riguardo agli adulti di riferimento.

La valutazione dovrà, quindi, risultare centrata sui bisogni di cura del bambino e delle sue relazioni protettive e dovrà articolarsi su un assetto multi tematico che si definisce sulle seguenti quattro aree di riferimento:

  1. La valutazione delle condizioni del bambino, centrata sullo studio delle modalità di funzionamento psichico espresse dallo stesso, ponendo particolare attenzione agli elementi indotti dall’esperienza di vittimizzazione;

  2. La valutazione del contesto affettivo di riferimento, con particolare riguardo alla valutazione delle relazioni di accudimento e dei legami affettivi con i genitori;

  3. La valutazione del contesto sociale e familiare, con riguardo alla rilevazione delle risorse presenti sia sul territorio che nella famiglia allargata;

  4. La valutazione delle singole aree si articola secondo una prospettiva trasversale longitudinale e prognostica.

Tale percorso valutativo è dunque integrato e sintonico con il processo di trattamento della presunta vittima e dei suoi legami protettivi, e si articola all’interno del progetto di tutela.

  • TRATTAMENTO

Il trattamento della famiglia e del bambino sarà coerente con l’esito della valutazione.

In caso di prognosi positiva il trattamento è finalizzato, oltre che all’elaborazione del trauma e alla cura del danno subito dal bambino, anche alla cura ed al sostegno dei genitori al fine del recupero delle aree di fragilità e della riparazione delle relazioni familiari.

Il trattamento includerà pertanto gli interventi rivolti al minore (psicoterapia, sostegno psicologico, affido eterofamiliare, ecc) e quelli rivolti ai genitori (psicoterapia individuale e/o familiare, counselling di sostegno alla genitorialità, educativa domiciliare, sostegni assistenziali e sociali di vario tipo).

Tale percorso si realizza attraverso:

  1. la possibilità di sostenere nel bambino l’elaborazione del trauma di vittimizzazione e/o di abbandono, trascuratezza esperito, in modo da poter ricostruire nello stesso un’integrità psichica prestazionale e sociale;
  2. la possibilità di sostenere nel bambino un recupero delle sue potenzialità psichiche, prestazionali nei casi in cui la funzione genitoriale esperita non abbia consentito l’espressione delle proprie potenzialità di sviluppo. In tale ambito possono essere necessari specifici interventi abilitativi;
  3. la possibilità di sostenere i genitori e/o gli adulti protettivi come soggetti sufficientemente responsabili della protezione e dell’accudimento;

  4. la possibilità che tutti i soggetti coinvolti nell’esperienza traumatica possano evolvere elaborando gli eventi esperiti così da poterli reintegrare nel fluire del proprio percorso narrativo.

L‘obiettivo ultimo del trattamento è il ripristino delle condizioni di sufficiente benessere per il bambino.

In caso di prognosi negativa si attivano sia il sostegno psicologico al bambino sia le risorse tese a costruire intorno a lui una diversa rete sociale tenendo viva la speranza e ricostruendo la fiducia verso le figure adulte.

Il trattamento deve favorire la sostituzione dei riferimenti genitoriali, anche attivando un percorso di elaborazione della perdita; il bambino deve essere aiutato a ricostruire delle relazioni di attaccamento sane in altre realtà (affido, adozione) capaci di offrirgli un diverso contesto di vita e di relazioni.

I genitori naturali devono essere aiutati, se possibile, nel processo di “distacco” e avviati ad un percorso terapeutico rispetto alle problematiche individuali.

Dott.ssa Maria Angela Valenti

Assistente Sociale Specialista


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